Respirare la tua stessa aria mi provocava fastidio. Stupida in crescita senza coscienza.
Quando facevo fatica ad uscire dal grembo perché mia madre mi tratteneva.
Siamo noi ad ucciderci con i cordoni ombelicali. Siamo noi a fare kilometri di cazzate.
Percorrevo la strada ad ostacoli con film che mi creavo solo io. Attori i miei problemi.
Prugne nelle unghie che si laceravano con l'alcool, file di informazioni gettate nel cestino dell'indifferenza.
Sentirsi utili a niente.
Vorrei trasformare il mio bagaglio di segni in parole libere nel vento, senza vestiti o fermi. Vorrei vederti ma sparisci come spariscono le speranze di non romperci costole, di non romperci coglioni. Rumore di semi schiacciati da un uccello avaro.
Piangeva, per l'amore.
Rubava la vita a chi era più grande di lui.
Covo di avvoltoi che si menano per la stessa carogna, datemi un tronista e lo squarto con il macete. Mi chiedevi l'amicizia e io pensavo al male di quella mattina, a quando dormivi ed eri morto, a quando indossavi i tacchi per i magrebini.
Ti dicevamo che non c'entravi, in quella vita. Ma hai voluto stare dentro, io vivo sempre fuori. Normalità è una parola che non mi appartiene.
Mi operavi senza ritegno e toglievi anche il cuore, già che c'eri. Insopportabile.
Sanguinavo le mie fisse dagli occhi e nello sguardo ci vedevo remake peggio del male, peggio del vuoto. Il segno più sensibile, dicono.
Bussa alla mia corazza, forza ti aprirò. Non mi ascoltavi e odiavo tua madre.
Eri piccolo e mi facevi sesso comunque, devo curarmi, dicevi.
Qui vendiamo il fegato, tanto non ci serve. Dateci dignità, ve la lascio tutta a voi.
Mi si buca lo stomaco e ci metto una mano dentro per tirare fuori le farfalle.
Vorrei guarire ma c'è troppo tempo da fare. Troppe cose da aspettare.
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